Peyote
lunedì 2 febbraio 2015
peyote
Lophophora J.M.Coult. è un genere di piante succulente appartenente alla famiglia delle Cactacee, originario del Sud AmericaDeriva il nome dal greco lóphos, pennacchi dell'elmo, ciuffo, e phéro, porto. Quindi portatrice di ciuffo. La specie L. williamsii viene comunemente chiamata peyote (= pane degli dei).[2]
Nei paesi di origine è conosciuta - oltre che con il nome di peyote - anche con quelli popolari di hikuli wanamé, hikuli walula saeliami, piote, piotl, peote, pejote, peyot, peyotl, pellote, pezote, peyori, challote, mescal button, mescal bean, mescal, mezcal, raìz diabolica, devil's root, diabolic root, dry whiskey, white mule, dumpling-cactus, cactus-pudding, turnip-cactus, biznagas, tuna de tierraDotata di radici molto grosse, le Lophophora sono caratterizzate da un fusto globulare, con protuberanze arrotondate dotate di areole dall'aspetto di peluria lanosa molto evidente, in special modo nell'areola centrale dalla quale spuntano piccoli fiori di colore rosa, bianco o giallo contenenti pochi semi neri.La coltivazione delle Lophophora, come tutti i cactus, necessita di terriccio molto poroso composto da terra concimata, sabbia e pietrisco grossolano. Andrà posta in vasi molto più grandi rispetto alla propria dimensione per garantire una buona adattabilità alle grandi radici.
La posizione dovrà essere a mezz'ombra (in natura cresce sotto i cespugli) e le annaffiature saranno eseguite solo quando il terreno si presenterà asciutto; nel periodo invernale andranno completamente sospese e le piante dovranno essere esposte a una temperatura non inferiore ai 4 °C. Durante questo periodo la Lophophora potrà apparire raggrinzita, ma con le prime annaffiature primaverili e una lieve spruzzatura riprenderà il suo vigore.
La riproduzione avviene per semi depositati in sabbia umida ad una temperatura di circa 26-28 °C in posizione ombreggiata: la crescita - tuttavia - sarà lentissima; per taglio dei polloni - che alcune varietà della pianta emette lateralmente - si dovrà solo usare l’accortezza di far asciugare il taglio in modo da evitare che marcisca.Conosciuta fin dall'epoca preistorica, questa pianta era, ed è tuttora, usata dai nativi americani, tra cui gli Huicholes e i Tarahumara, in riti religiosi e sciamanici soprattutto in Messico settentrionale e centrale. Queste popolazioni usano mangiarne la polpa, cosa che provoca amplificazione e distorsione delle percezioni sensoriali, visioni geometriche colorate e, in alcuni casi, perdita della nozione del tempo, effetti che vengono attribuiti alla natura sacra della pianta.
Dal peyote si estrae una sostanza psicotropa usata spesso come stupefacente, ovvero la mescalina; per questo motivo negli USA ne è stata limitata la coltivazione.
Negli USA solo quattro coltivatori sono autorizzati legalmente a distribuire la pianta specialmente ai membri della comunità religiosa Native American Church, gli unici che la possono utilizzare legalmente. A causa dell'aumento della richiesta e della diminuzione dell'offerta diventa sempre più rara.[3] [4]
La Lophophora è stata usata da Allen Ginsberg per scrivere una delle sue poesie più celebri, Urlo.Sebbene la Lophophora williamsii è il cactus a cui principalmente viene associato il nome "Peyote", molti altri portano questo o altri nomi simili. Questo può essere dovuto al loro uso inebriante, in combinazione o in sostituzione della Lophophora williamsii. Questo nome può essere anche il risultato della loro capacità di produrre effetti psicotropi o di avere una vaga rassomiglianza con L. williamsii, come Astrophytum asterias, ma anche di questo cactus Schultes dice "narcotico e medicinale anch'esso" (Schultes, 1937).
Però in molti casi la somiglianza non c'è, cosi come nei molti Ariocarpus e Mammillarie conosciuti come peyote. Qualcuno potrebbe pensare che solo la rassomiglianza imponga che siano chiamati peyote, ma anche quelle prive di somiglianza sono specie che hanno effetti comuni, narcotici, allucinogenici o medicinali.
Il fatto che alcuni di questi cactus hanno un aspetto fisico simile alla L. williamsii (come Obregonia denegrii, Strombocactus disciformis, e Turbininicarpus pseudomacrochele) rende più probabile il fatto che gli Indiani, attraverso incidenti o sperimentazioni intenzionali, abbiano conosciuto queste specie.
Che L. williamsii sia conosciuta come una panacea medicinale è dovuto probabilmente al fatto che queste altre specie sono chiamate peyote non per la loro efficacia come allucinogeni ma piuttosto per la loro efficacia come agenti medicinali.
Molte di queste specie contengono i potenti alcaloidi Tetrahydroisoquinolina e Phenethylamina, ma è sbagliato supporre che gli effetti psicotropi imitino quelli della L. williamsii, una specie che produce più di 60 alcaloidi diversi.
La L. williamsii è anche la sola specie analizzata chimicamente, a parte alcuni Trichocereus, dei quali il principale alcaloide psicoattivo è la mescalina. Tranne Aztekium ritterii, Lophophora diffusa, e Pelecyphora aselliformis, tutti contenenti piccole quantità di mescalina, non ci sono altri peyote nei quali sia stata trovata la mescalina (Shulgin & Starha, comunicazione personale).
Cosa deve essere preso in considerazione, nonostante i possibili effetti psicologici di questi vari alcaloidi, è l'uso magico-religioso di questi cactus nello sciamanesimo tradizionale. Gli sciamani professionisti sono soliti usare numerosi metodi per alterare il loro stato di coscienza e questi vengono impiegati in combinazione con l'ingestione di questi cactus, alterando completamente con ciò, l'esperienza psicologica prodotta dagli alcaloidi stessi.
Sfortunatamente la popolazione maggiormente associata con l'uso di molte specie di peyote sta rapidamente scomparendo prima che possano essere effettuati studi etnologici ed etnobotanici.Echinocactus williamsii, Anhalonium lewinii, Anhalonium williamsii, Echinocactus lewinii, Anhalonium williamsii var. lewinii. Nomi locali: hikuli wanamé, hikuli walula saeliami, piote, piotl, peote, pejote, peyot, peyotl, pellote, pezote, peyori, challote, mescal button, mescal bean, mescal, mezcal, raìz diabolica, devil's root, diabolic root, dry whiskey, white mule, dumpling-cactus, cactus-pudding, turnip-cactus, biznagas, tuna de tierra. Etimologia: dal greco lóphos, pennacchi dell'elmo, ciuffo, e phéro, porto. Quindi portatrice di ciuffo.Solitaria in gioventù, forma gruppi allargati in età adulta; il corpo di color glauco o grigio-verde, è di forma globosa appiattita (diametro fino a 15 cm) con vertice depresso completamente rivestito di ciuffi eretti di lana color crema sporco ed è provvista di una robusta radice a fittone, il cui volume supera di parecchio quello del corpo. Le coste, poco rilevate e appena tubercolate, di solito sono 8; le areole sono prive di spine (tranne che nel primo periodo di vita delle piantine) e portano invece ciuffetti eretti di tomento di colore variabile dal bianco al giallastro, al grigiastro. I fiori che spuntano dal vertice in primavera-estate, sono piccoli (non più di 15 mm di diametro), forgiati a imbuto, di colore rosa (ma sono stati osservati anche fiori bianchi o giallastri). Il frutto è una bacca claviforme di color carne, che contiene pochi semi di color nero opaco.La coltivazione della Lophophora deve tener conto della sua morfologia e delle condizioni presenti in habitat, le piante in natura si trovano spesso protette da cespugli spinosi o arbusti, per cui possono avvantaggiarsi di posizioni semi-ombreggiate. Quindi vasi molto profondi in grado di ospitare comodamente la radice a fittone, substrato essenzialmente minerale, calcareo in cui vi sia una predominanza in roccia calcarea sminuzzata, sabbia e argilla. Si può aggiungere terriccio organico torboso o di foglie, ma con parsimonia. Di estrema importanza è la somministrazione di veleni contro la cocciniglia delle radici e una certa attenzione per prevenire le infestazioni da parte del ragnetto rosso, che danneggia la cute in modo irreversibile macchiandola di rosso rugginoso. Dopo il riposo invernale, che deve avvenire in condizioni di completa aridità a temperature non inferiori a 8 °C (se tenute perfettamente asciutte anche a -10 °C) e durante il quale il volume della pianta e la sua consistenza al tatto si riducono considerevolmente, si inizia ad annaffiare con molta prudenza per poi proseguire con regolari somministrazioni di acqua e fertilizzanti fino al sopraggiungere dei mesi più caldi, durante i quali è meglio somministrare acqua mediante frequenti nebulizzazioni piuttosto che mediante adacqamento. chi avesse difficoltà a tenere franca la pianta, la può innestare su Eriocereus jusbertii, o meglio su Echinopsis e Trichocereus. Per la moltiplicazione si ricorre alla semina, che non presenta particolari difficoltà, anche se la crescita dei semenzali è piuttosto lenta. Composta 1 parte di lapillo o pozzolana, 1 parte di sabbia, 1 parte di ghiaia (3-5 mm di diametro).
Note Questa pianta è ben conosciuta con il nome di Peyote o Peyotl, il cosiddetto pane degli Dei. Pianta sacra per svariate culture nord e centro-americane veniva e viene tuttora utilizzata in cerimonie di culti pagani. L'elevato numero di alcaloidi in essa contenuto infatti è in grado di provocare allucinazioni e stati di trance. Le condizioni di conservazione in habitat di questa specie non sono gravi per la generalità del suo habitat; tuttavia, localmente si registrano distruzioni massicce delle popolazioni causate da molteplici fattori, tra i quali la messa a coltura dei territori pianeggianti, l'estirpazione ad opera degli allevatori di bestiame e, talvolta, la raccolta massiccia operata da contrabbandieri che smerciano le piante per il loro uso come narcotico. Quest'ultimo problema ha generato nelle autorità di polizia locali, una certa propensione all'arresto e alla confisca e distruzione di qualsiasi tipo di piante aventi le fattezze di Lophophora williamsii, quali Ariocarpus, Encephalocarpus, Echinocereus fittonanti ed altre ancora: Oltre a L. williamsii sono state descritte altre specie di questo genere come L. diffusa, L. texana, L. echinata, L. lutea, L. jourdaniana, L. prolifera. Tutti queste taxa possiedono caratteri talora distintivi, ma spesso vengono riconosciute solo le specie williamsii e lutea (dai fiori gialli), ben differenziate per il loro contenuto in alcaloidi e nella loro area di distribuzione.
Peyote
Il peyote vanta un passato chimerico ed utopistico, sebbene - almeno in minima parte - il vissuto della pianta rispecchi qualche fondamento di verità. Se, da un lato, la religione lo condannava come pianta diabolica e peccaminosa, dall'altro il peyote veniva onorato come la “carne degli dei”
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Peyote è il nome comune attribuito a moltissimi generi di cactus: tra le specie maggiormente stimate non può certo mancare Lophophora williamsi, il peyote d'hoc.
Il genere Lophophora è costituito da due parole: lòphos significa “cresta”, e phorèo “porto, portare”, in riferimento all'originale e caratteristico “ciuffo” floreale che contraddistingue la pianta.
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Analisi botanica
Lophophora williamsi è un piccolo esemplare di cactus originario delle aree vicine al Rio Grande, esponente della famiglia delle Cactaceae: la pianta succulenta mostra una forma tubulare, paragonabile ad una sorta di rapa gigante ed adornata da particolarissime escrescenze pelose.
La parte ipogea (che si sviluppa scavando nel terreno) è bruna-nerastra, mentre quella epigea, che spunta dalla terra, è verde e carnosa, tipica delle piante succulente.
Essendo un cactus, il peyote necessita di un terreno poroso, costituito preferenzialmente da sabbia, concime e pietrisco: chiaramente, la pianta richiede pochissima acqua, e le temperature non dovrebbero mai scendere al di sotto dei 4°C.
Presunte proprietà
La droga è rappresentata da alcune parti del peyote, note come “mescal” o “bottoni vegetali” (non a caso, la pianta è chiamata anche Cactus button), dalle quali vengono estratti circa venti alcaloidi. La molecola alcaloidea senza dubbio più importante è la mescalina, nota anche come fenetilammina (in chimica è 3,4,5-trimetossi-β-fenetilammina): responsabile di un effetto fortemente allucinogeno - il cui meccanismo d'azione, peraltro, rimane ancora un'incognita – la mescalina sembra agire stimolando i recettori del SNC, responsabili, a loro volta, di effetti stupefacenti straordinari.
Non a caso, il marker del peyote viene definito un agonista dei recettori dopaminergici e serotoninergici.
Anticamente, il peyote veniva considerato una sorta di panacea di tutti i mali: paragonato alla “cocaina leggera”, le sostanze allucinogene estratte erano in grado di annientare emozioni e sofferenze esercitando la propria azione sull'illusione e sul miraggio. Oltre che per le proprietà inebrianti, allucinogene ed eccitanti, gli indigeni d'America consumavano il peyote perché considerato un espediente per guadagnarsi l'immortalità e giungere ad una visione onirica surreale.
Il consumo di estratti di peyote può provocare gravi effetti collaterali, quali deficit mentali, intossicazione, morte. In genere, l'intossicazione da peyote non supera i tre giorni.
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Essendo un cactus, cresce senza difficoltà anche in ambienti molto caldi, in terreni a ph alcalino e necessita di pochissima acqua e di un apporto minimo di elementi nutritivi, se si eccettuano considerabili quantità di calcio.
Nella prima fase della vita il peyote è coperto di piccole spine, che vengono progressivamente sostituite da prolungamenti lanosi. I fiori sono generalmente simili a piccole margherite di color bianco-pallido o rosaceo.
Nel suo stato naturale il peyote raramente affiora dal terreno per più di 2-3 cm.; la radice della pianta è interrata (fino ad una profondità di 20 - 25 cm.). La parte che fuoriesce dal terreno (comunemente detta 'boton') è quella che viene tagliata e consumata sia fresca che disseccata.
Il peyote rappresenta una delle droghe allucinogene più popolari e considerate fra le popolazioni indigene del Messico, al punto che per gli indios messicani era a tutti gli effetti un Dio. Il suo uso fra queste popolazioni risale a prima della storia scritta, e le caratteristiche religioso-rituali del consumo si traducevano in complesse cerimonie, con peregrinazioni di intere tribù nel deserto.
Con l'arrivo dei Conquistadores spagnoli, e con l'introduzione forzata del cattolicesimo, l'uso del peyote fu considerato peccaminoso e diabolico. Ma i tentativi protratti, ed estremamente violenti, di estirparne il consumo fallirono, al punto che il suo uso finì per estendersi dal sud del Messico, attraverso il nord America, alle pianure centro-occidentali del continente fino al Canada.
Questa esplosione 'psichedelica' fra gli indios generò una forte reazione nei colonizzatori europei, al punto che furono diffuse ad arte dicerie relative ad intere tribù di indios trasformatesi in orde sanguinarie, in preda alla sete di sangue e alla frenesia sessuale più bieca; non più di 150 anni fa il consumo di peyote negli Stati Uniti poteva essere punito con l'impiccagione. La risposta agli sforzi ufficiali di eradicazione dell'uso del peyote fu la creazione di una chiesa formale (la Native American Church, Chiesa dei Nativi Americani, o NAC) che dopo un lunghissimo contenzioso legale ebbe riconosciuto dagli organi legislativi il diritto di continuare a celebrare i riti religiosi delle popolazioni aborigene dell'america pre-colombiana, fra cui le cerimonie basate sull'uso collettivo dl peyote.
Anche oggi le riunioni liturgiche della NAC si svolgono in tende nel deserto, dopo il tramonto del sole. Qui il peyote viene consumato durante la notte e tutti i partecipanti chiedono agli dei la forza necessaria per essere esseri umani migliori, per affrontare i problemi che li affliggono (alcolismo, dipendenze, infermità, malattie) e per divinare il futuro. A tutt'oggi la legge messicana assicura il diritto di possedere e consumare peyote per scopi religiosi solo ai membri della NAC, che abbiano almeno il 25% di sangue indio.
La mescalina, il principale fra i principi attivi contenuti nel cactus, fu isolata dal Dott. Heffter nel 1896, e da allora è stata utilizzata da un certo numero di artisti, filosofi, psicologi e ricercatori, i quali hanno contribuito alla diffusione che il peyote e la mescalina ebbero poi nella cultura psichedelica degli anni '60 e '70.
Fra i più importanti contributi di ricerca ricordiamo The Doors of Perception (Le Porte della Percezione, che ispirò a Jim Morrison il nome della sua famosissima band) e Heaven and Hell (Paradiso e Inferno), entrambi di Aldous Huxley.
Come viene consumato comunemente?
Il metodo più comune di consumo del peyote consiste nella raccolta dei 'botones', accuratamente puliti da polvere, spine e prolungamenti lanosi, che vengono poi mangiati freschi (preferibilmente) o disseccati. Similarmente ai raccoglitori di funghi più coscienziosi, gli indios si limitano a tagliare il 'boton', senza estrarre l'intera radice dal terreno, in modo che il peyote possa ricrescere ancora nell'arco di 1 anno - 1 anno e mezzo. Il sapore del cactus è generalmente molto amaro, per cui viene spesso preparato allo scopo di ricavarne una pasta o un infuso che possono essere addolciti e che conservano tutte le proprietà psico-attive.
Normalmente, allo scopo di avere una esperienza psichedelica, vengono ingeriti dagli 8 ai 16 'botones' di 5 - 7 cm. di diametro (da notare che ci possono volere anche diversi anni per raccogliere un quantitativo di Peyote sufficiente per la cerimonia di una piccola tribù).
Allo scopo di diminuire gli effetti negativi che gli alcaloidi contenuti nel cactus possono avere sull'organismo, gli sciamani/medicine men della NAC tendono a dividere l'assunzione in due tranche distinte, distanziate di 45 min. - 1 ora l'una dall'altra,
Effetti
Effetti fisici
A circa mezz'ora dall'ingestione sopraggiunge nausea, accompagnata da vertigini, che può causare vomito. Questo malessere tende a scomparire completamente nel giro di 45 minuti - 1 ora. Con il termine della nausea si verifica il secondo effetto fisico rilevante: una forte salivazione e una tensione dei muscoli del collo e della mandibola.
Le sensazioni di fame, sete e fatica scompaiono completamente.
Effetti psichici
A 1 o 2 ore (ma in alcuni casi anche 3) di distanza dall'ingestione inizia l'attività psichedelica vera e propria, che ricorda quella dell' LSD: si è soggetti ad un 'rush' di energia fisica e di euforia, e si producono alterazioni visuali e auditive, accompagnate da un marcato intensificarsi della percezione dei colori. Le pupille tendono a dilatarsi e si produce una sensazione di maggiore acutezza visiva, soprattutto in relazione a piccoli oggetti o dettagli (i sassi su una strada, la trama di un tessuto, etc). Come per la LSD si può sperimentare la visione di 'schemi' geometrici complessi in movimento e in sovrapposizione sugli oggetti, o nella luce.
Effetti enteogenici
Nella terza e ultima fase subentra un senso di grande pace interiore e, con l'affievolirsi delle sensazioni di energia, si passa ad uno stato di maggiore contemplazione; sia rispetto al mondo intorno a noi, sia rispetto al proprio mondo interiore. Si sviluppa un contatto di tipo 'empatico' e 'di fusione' con le cose e le forme di vita che ci circondano e si possono sperimentare vere e proprie allucinazioni (la visone dello 'spirito' di un animale, ad esempio).
E' molto comune sperimentare la visione di fenomeni luminosi che si muovono tutt'intorno, e assistere così a veri e propri 'spettacoli' di luci e suoni. L'azione della mescalina sulla parte del cervello collegata al nervo ottico, produce effetti di sinestesia, cioè di 'sovrapposizioni' dei sensi.
Effetti non desiderati
Il peyote è un potente allucinogeno che modifica le percezioni sensoriali e lo 'stato di coscienza' fino a provocare allucinazioni visive e acustiche. Questo può provocare effetti che possono variare da visioni paradisiache fino a incubi terrificanti; in questo senso è dimostrato che il setting (il luogo, la situazione, la compagnia) e il set (il proprio stato d'animo, l'umore, la disposizione mentale) sono determinanti sugli effetti.
Per questo motivo chi è comunque determinato ad avere un esperienza con il peyote sappia che è importante scegliere una situazione tranquilla e piacevole e avere con sé persone di cui ci si fida, anche perché in genere l'effetto dura dalle 10 alle 12 ore.
Il pericolo più comune con il peyote è l'insorgere di un episodio di tipo 'psicotico', che può essere facilmente trattato con l'utilizzo, sotto controllo medico, di benzodiazepine.
Se qualcuno sta facendo un "brutto viaggio", è importante stargli vicino e rassicurarlo parlando lentamente e con dolcezza, facendo presente che ciò che la persona vede non è propriamente 'reale'. Se la situazione persiste o peggiora (con perdita di conoscenza, tremori incontrollati o convulsioni) è il caso di chiamare immediatamente una ambulanza.
Attenzione!
Come tutti gli allucinogeni, il peyote ha una ricaduta molto intensa sul funzionamento neuro-fisiologico del cervello, per cui non è una sostanza da prendere alla leggera e non va assunta spesso.
Un 'viaggio' è una potente esperienza di esplorazione interiore, ci può mettere a confronto con parti di noi stessi che non siamo ancora pronti ad affrontare e lascia sempre un ricordo, buono o cattivo.
Per questi motivi l'uso del peyote è assolutamente sconsigliato a chi soffra di disturbi psichici.
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